L’Azienda agricola Lucio III dedica la sua attività principale all’apicoltura. Oltre all’apiario sede della costituenda fattoria didattica, ne possiede altri due nel territoriodi Badia Calavena (uno in Via Roma, 18 ed uno in Contrada Tessari) ed un quarto il località Formigaro a Tregnago. L’azienda si sta attrezzandoanche con un selezionatore ed essicatore di polline.
L’Azienda agricola Lucio III è situata in Contrada Còsari a circa 2/3 del sentiero “Lucio III” che, partendo dalla Piazza Marcato (di Badia Calavena), raggiunge la sommintà di “Colle San Piero” sede dell’antico minastero benedettino dove, per fuggire dalla calura estiva, fin dal 1040 vi si trasferivano i Vescovi di Verona. Papa Lucio III, eletto al soglio pontificio nella primavera del 1183 dovette e fuggire da Roma per dissidi interni e fu ospitato dal Vescovo di Verona. Alle calende di agosto dello stesso anno Papa Lucio III , ospite del monastero, consacrò la chiesa dell’eremo dedicandola a S. Pietro. Intorno al 1270 il monastero fu trasferito ai piedi del monte S. Piero dove si possono ancora ammirare l’oratorio, lo “scaldario”, la mensa e altre strutture originali oltre al campanile e alla loggia del chiostro progettata dall’Abate commendatario Maffeo Maffei (1424-1432) . Presso l’apiario è conservata una fotocopia della bolla papale con cui Papa Lucio III concedeva le indulgenze “dai peccati e dalle pene” a quanrti avessero visitato la chiesa da lui consacrata nei vari periodi del calendario liturgico.
Il territorio riporta testimonianze della presenza dell’uomo fin dal Neolitico. Numerosi reperti di selce sono stati rinvenuti in zona e testimoniano una intensa attività di ricerca e lavorazione. La selce ritrovata nella saccoccia di Oetzi proveniva dalla Lessinia. Un’altra fase di estrazione e lavorazione intensa della selce ci fu tra il 1701 e il 1860 con la produzione di pietre focaie per fucili adottate anche dall’esercito asburgico e ottomano.
Dall’apiario si può ammirara il panorama dell’ampia valle e i vari terrazzamenti formati dal flusso delle acque del torrente Progno che, fin dal Wurmiano, ha plasmato il fondovalle. Le colline che la circondano, una volta coperte da foreste di faggio, furono disboscate con l’arrivo, intorno al 1200, dei coloni “cimbri” per produrre carbone. Successivamente al posto del bosco vi si formarono ampi pascoli raggiungibili, per l’alpeggio, attraverso la Via Vaccara sulla dorsale Ovest (ora via Cara) e con la Via della Lana sulla dorsale Est (v. Scaligeri, Signori dui Verona). Con l’aumentare della popolazione i montanari dissodarono molti pascoli erigendo innumerevoli “marogne” (muri a secco, oggi patrimonio dell’umanità) per poter coltivare nuovi terreni e “sfamare” la numerosa prole. La crescita della popolazopne vide fasi alterne dettate dalle numerosi pesti che si susseguirono nel corso dei secoli. Quelle ricordate per la particolare elevata mortalità risalgono al 1348 e al 1630 (v. Manzoni).
La flora selvatica, anche di interesse apistico, è rappresentata da castagno, rovo, liana, ligustro, edera (fioritura tardiva), oltre che da innumerevoli altre varietà botaniche da sottobodsco (ginestrino, nocciolo,…) o da prato (tarassaco, leguminose selvatiche, iris,…) L’agricoltura, una volta abbastanza intensiva, si è ora ampiamente ridimensionata. Permangono ancora pochi appezamenti coltivati di albicocco e ciliegio.
Tra la fauna selvatica si annoverano colubri gialli e neri, porcospini, tassi e numerosi esemplari di avifauna come picchi, torcicolli e altri passeriformi insettivori e granivori. Da qualche anno è stato reintrodotto anche il cinghiale.
Di particolare interesse la popolazione di imenotteri tra cui calabroni, vespe e soprattutto bombi particolarmente interessanti per la loro attività di impollinazione